martedì 24 febbraio 2009

Chi salverà i giovani da YouTube, dalla droga e da Alberoni?


Ahi quanto piace all'italiano stracciarsi le vesti e richiamare, in un impeto di nostalgia bucolica, i bei vecchi tempi andati, in cui si dormiva, signora mia, con la porta aperta e i signorotti rivendicavano lo ius primae noctis persino sulle bestie da soma!

Ora ci si mette anche il fuffologo Francesco Alberoni, non contento di aver partorito, in tanti anni di attività, solo monumenti all'ovvio. Come "Bisogna porsi delle mete, bisogna combattere per raggiungerle. Bisogna avere dei sogni, bisogna battersi per realizzarli", enunciato degno del miglior Marzullo, e frasi antropoillogiche come "La prostituzione nasce dal fatto che, se la donna abitualmente si concede ad un uomo che ai suoi occhi ha un qualche valore, se vuole, può farlo con chiunque, anche quando non ha alcun desiderio sessuale. Un uomo, invece, se non è attratto sessualmente non può avere erezione." (Ora che c'è il Viagra come la mettiamo?)

Alberoni (bisognerebbe mandarlo in esilio sull'Isola del Diavolo solo per la moglie che si ritrova) ha ieri pubblicato sul Corsera un nuovo inutile scritto, dove come al solito pontifica su cose di cui non capisce assolutamente nulla.

Esordisce con due elementi che mai nella storia umana qualcuno ha pensato di accostare: i giovani e la droga. (esercizio per aspiranti saggisti: scrivere un testo parlando di qualcosa senza citarne mai un'altra. Esempio: parlare della società dell'informazione senza nominare Orwell. O discettare di droga evitando il termine "giovani").
"La coca li fa sentire onnipotenti. Come se le procurano? «In giro ne trovi quanta ne vuoi, anche su Internet e costa poco»."
Ah ecco, la cocaina si ordina su Internet. Ti mandano anche la banconota già arrotolata. Cominciamo bene. La fiera dell'ovvio continua:
"Questi adolescenti quando sono a scuola, in casa, quando si trovano con gli adulti non ascoltano."
Gli editoriali di Alberoni invece li leggono, prova ne è il loro consumo di droga.
Ma leggiamo l'imbarazzante conclusione alberoniana:
"A volte mi domando se a questi adolescenti non farebbe bene un periodo di moratoria, in cui si chiudano loro YouTube, le chat, le discoteche, si limiti l'uso di Internet e dei cellulari per consentire loro di ricominciare a parlare, di riprendere contatto con le altre generazioni, con i giornali e i libri."

Già l'uso della parola moratoria è fuori luogo. Eccone la definizione wikipediana:

Nell'ambito del diritto, con il termine moratoria si intende la sospensione della scadenza di una obbligazione concessa per legge quando sopraggiungono casi eccezionali.

Dicesi moratoria, quindi, la sospensione di una legge. C'è qualcuno-qualcosa che obbliga la gente a rincoglionirsi davanti a un pc? Qualcuno obietterà: trattasi di una metafora. Ma Alberoni non usa metafore. Non è capace. Non è un insulto, si badi. Semplicemente constato un dato di fatto. Quando Alberoni usa il termine moratoria, pensa che sia appropriato. Davvero. Quest'uomo fa quasi tenerezza. Se fosse un vecchio zio che siamo andati a trovare al centro di lunga degenza, annuiremmo con convinzione, per poi ridere di lui appena entrati in macchina. Se non fosse il columnist del principale quotidiano italiano, insomma.

sabato 21 febbraio 2009

Della censura su Current

L'Atac, l'azienda di trasporto pubblico di Roma, ha bloccato la campagna di lancio della nuova stagione del network Current, la creatura di Al Gore del bouquet Sky, che prevedeva l'affissione di manifesti nelle stazioni della metropolitana a partire da ieri (20 febbraio).

Contenuti della campagna: una bibbia bucata da tre fori di proiettile accompagnata da una scritta: "Cosa succede quando la camorra entra in Chiesa?" e una seconda immagine, un kalashnikov con una domanda: "Gli Stati Uniti stanno finanziando i terroristi?".

Chissà se la mano dell'impegato che ha battuto la lettera di comunicazione tremava, mentre scriveva questa frase:

Tale decisione trova fondamento nel difficile momento che la cittadinanza di Roma sta vivendo riguardo alla percezione della sicurezza personale e sociale, in considerazione del quale ATAC non può che coadiuvare l’Amministrazione comunale nell’evitare qualunque elemento che possa ulteriormente aumentare tale disagio.